9 long take da manuale del cinema

Condividi l'articolo

 Soy Cuba – Michail Kalatozov, 1964

soy cuba

Soy Cuba è forse uno dei film meno conosciuti di questa lista, ma non per questo meno degno di menzione. Si tratta di una pellicola del 1964 diretta da Michail Kalatozov che è rimasto a lungo in sordina, non avendo avuto successo proprio a causa dei suoi virtuosismi tecnici, che, secondo la critica, avrebbe anteposto la tecnica ai contenuti di esaltazione popolare dei cittadini cubani contro il regime di Batista per cui il film era stato co-prodotto dall’URSS e Cuba. Riscoperto e riportato in auge da Scorsese (che troveremo anche più avanti), è oggi considerato una pietra miliare per quanto riguarda la sua cinematografia di grande avanguardia. Incredibile per i tempi è la scena in cui la telecamera scende dalla cima di un palazzo per arrivare fin dentro la piscina, parecchi metri sotto.

 Hard Boiled – John Woo, 1992

Hard Boiled 006

Diretto da quel genio del cinema d’azione che è John Woo, Hard Boiled (1992) contiene quella che, su youtube, è stata rinominata “la migliore scena d’azione”. Anche se forse è un po’ azzardato definirlo in questa maniera, questa nomea è senza ombra di dubbio più che giustificata.

LEGGI ANCHE:  I 14 più grandi opening in piano sequenza della storia del cinema

Siamo in un ospedale, mentre il film volge al termine. I due protagonisti (interpretati dai favolosi Chow Yun-fatTony Leung) fanno irruzione e, fucili alla mano, si fanno strada per i corridoi e gli ascensori dello stabile. Il tutto ripreso in maniera magistrale con la camera a spalla e l’uso di rallenti e velocizzazioni da manuale

 Elephant – Gus Van Sant, 2003

Elephant 1

Pellicola del 2003 per la regia di Gus Van Sant e vincitrice del Festival di Cannes, Elephant è una delle opere più famose del regista indie di Portland, nonché una delle più interessanti tra la sua produzione per quanto concerne i long-take. Sono rimasti nella storia infatti i lungi tracking shot, quelle lunghe riprese di Alex che percorre gli infiniti, deserti e spiazzanti corridoi della sua scuola. In una continua metafora tra l’ambiente e il personaggio, soltanto quei long-shot avrebbero potuto rendere al meglio lo straniamento dei ragazzi di fronte alla noia della quotidianità che si scontra ogni giorno con l’esuberanza dell’adolescenza. Scene che ai più possono apparire noiose e vuote, ma che Van Sant sa essere imprescindibili per il suo tipo di poetica.

LEGGI ANCHE:  L'altra faccia del Piano Sequenza - Panic Room