Tra i candidati all’oscar come miglior film d’animazione troviamo Kubo e la spada magica (traduzione come al solito storpiata rispetto all’originale Kubo and two strings), ultima fatica dello studio LAIKA, boutique che negli anni ha arricchito il genere d’animazione stop-motion con successi quali Coraline (2009), Paranorman (2012) e Boxtrolls (2014). Ma prima di raccontare la storia di Kubo un doveroso tuffo nella storia di uno dei piu’ antichi artifzi cinematografici.
La stop-motion (in Italia nota come Passo uno) è una tecnica di ripresa che, grazie ad una particolare cinepresa, impressiona un fotogramma alla volta. Con questo processo è possibile produrre cartoni animati riprendendo composizioni di fogli lucidi oppure servendosi di pupazzi fissi, snodabili o di plastilina. Facile immaginare come questo abbia aperto le porte ad innumerevoli utlizzi con l’immaginazione del film maker come unico limite.
Nata come effetto speciale, la stop-motion è stata utilizzata per circa 60 anni, da King Kong che abbatte aerei appollaiato sull’Empire State building nel 1933 fino all’endoscheletro del T-800 del primo Terminator (1984), passando per la corsa in miniera di Indiana Jones e il tempio maledetto (1984) e il primo attacco dei leggendari AT-AT ne L’Impero colpisce ancora (1980).