Ballad in Blood – Recensione in anteprima

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Il ritorno di Monsieur Cannibal

Ballad In Blood, Di Ruggero Deodato (Italia, 2016)

«È una sorta di concerto di sangue, con questo angelo dell’inferno che balla soave all’interno di un mattatoio. Il titolo è piaciuto subito e spero di riuscire a tenerlo anche in Italia»

Come il titolo del celebre libro di Stephen King, A Volte Ritornano, il 2016 difatti è l’anno del ritorno di uno dei maestri del cinema di genere italiano degli anni ’70 e ’80: Ruggero Deodato, conosciuto anche, soprattutto in Francia, come Monsieur Cannibal ( appellativo che il regista non ama particolarmente).
Autore di uno dei film più schockanti e disturbanti della Storia del Cinema (e a mio avviso uno dei migliori horror di sempre), Cannibal Holocaust; film in cui la narrazione per la prima volta è basata sulle riprese registrate dai protagonisti della storia, che vengono usate consapevolmente per dare al film un aspetto più realistico. Si tratta, senza alcun dubbio del primo Horror Mockumentary (termine coniato successivamente). Purtroppo ancora oggi, in molti libri e nelle dichiarazioni di molti esperti (che poi tanto esperti evidentemente non sono) viene riportato che il primo Mockumentary Horror è un filmetto come The Blair Witch Project.  Considerando la grande popolarità di cui ha goduto questo sottogenere (ormai saturo) dopo l’uscita di film come Paranormal Activity e Rec (successo che ha dato il via a produzioni su produzioni di questo tipo che hanno sommerso il mercato, dove già vi erano film molto ripetitivi di per sé, di molti prodotti anonimi), affermo con decisione che è ormai tempo di riconoscere a Deodato il merito di averci visto lungo e di essere stato avanti vent’anni nel genere. Detto questo va anche riconosciuto al maestro dei cannibalici il coraggio e l’onore di non essersi mai ripetuto, anche a costo di non riuscire a bissare più il successo del suo capolavoro, evitando sempre di rigirare film con quella tecnica e rifiutando le molte proposte di girarne un sequel (oltre a Cannibal Holocaust 2, rifiutò anche anni prima il sequel di un altro ottimo film, Uomini Si Nasce Poliziotti Si Muore, successo del cinema di genere poliziottesco). Nel 1988 fu addirittura vicinissimo a girare un film su Spiderman per la Cannon Film, che sfortunatamente fallì qualche mese dopo, vedendosi sfumare l’ultima possibilità di una sua affermazione nel cinema internazionale, prima del tracollo del cinema di genere in Italia.

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Al Festival di Lucca di quest’anno ha presentato in anteprima assoluta il suo ultimo film, Ballad In Blood (il precedente lungometraggio risale al 1993, 23 anni prima, Vortice Mortale). Un film voluto e sofferto; dopo tre anni di revisioni e correzioni della sceneggiatura (scritta dallo stesso Deodato, insieme ad Angelo Orlando e Jacopo Mazzuoli), modifiche del titolo (Il Giorno Dopo era il titolo di lavorazione) e ricerca di finanziamenti governativi, alla fine il film ha visto la luce.

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Sinossi:
Il giorno dopo Halloween, in una cittadina umbra, Jacopo e Duke si svegliano nell’appartamento di due studentesse Erasmus, Lenka, la fidanzata di Jacopo, ed Elizabeth, trovando quest’ultima morta.  A causa degli eccessi (alcol e droghe) della notte precedente, i tre non ricordano niente. Non informano la polizia e nascondono il cadavere della coinquilina. Con l’aiuto dei video fatti da Elizabeth, che era solita immortalare molti momenti della giornata col telefonino, i tre provano a ricostruire l’accaduto, arrivando inevitabilmente ad accusarsi a vicenda.

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Partiti alla volta di Lucca io e il mio collega, Alberto Bajardi (anche lui redattore di La Scimmia Pensa, La Scimmia Fa) spinti dalla frenesia e dalla curiosità, ma allo stesso tempo intimoriti da una possibile delusione (considerando anche il disastroso esito del ritorno di un altro maestro, Enzo G. Castellari con Caribbean Basterds), dopo la visione del film, al contrario di ogni previsione, siamo rimasti piacevolmente soddisfatti.

Il film è un Thriller con atmosfere Horror, che prende come riferimento il caso Meredith Kercher. Dovessi scegliere un titolo della cinematografia di Deodato che più gli assomigli, il film di riferimento sarebbe senza dubbio La Casa Sperduta Nel Parco. In Ballad In Blood, come nel film appena citato,  il regista sceglie di concentrarsi più sulla suspense e sull’impatto visivo che sulla soluzione del mistero.  Sicuramente è un thriller atipico in cui il nostro punto di vista coincide con quello dei potenziali assassini, come coincideva ne La Casa Sperduta Nel Parco con quello di David Hess e Giovanni Lombardo Radice.
La commistione dei due generi funziona, non mancano le classiche scene gore e lo humour nero, a volte un po’ forzato (anche se il cameo del regista dove omaggia Eli Roth è molto divertente), a cui Deodato ci ha sempre abituato. Nonostante il budget decisamente basso, ottima, soprattutto negli interni, è la fotografia di Mirko Fioravanti. Ciò che stupisce maggiormente sono le scelte visive, in particolare le inquadrature oniriche nel pozzo e l’inquadratura finale (tra le inquadrature più belle della sua carriera). Solitamente il suo stile è diretto, quadratissimo e anti-virtuosistico (uno di quelli che “girano già montato”), in Ballad In Blood invece la regia risulta molto più elegante del solito, dimostrando di non aver perso assolutamente la mano (cosa già intuibile vedendo il breve cortometraggio Bridge nella raccolta The Profane Exhibit).  A differenza del ritorno di alcuni suoi colleghi, come appunto Castellari, in questo film Deodato non emula mai il suo passato, non si adagia sul già visto o su facili formule di successo degli anni che furono (e che oggi risulterebbero indubbiamente datate), ma riesce a creare un film moderno, senza copiare gli stereotipi in voga adesso. Il suo è un film personalissimo.

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Come il suo maestro Roberto Rossellini (è stato suo aiuto regista in Il Generale Della Rovere, Era Notte A Roma e in Anima Nera), Deodato si professa da sempre realista. In Ballad In Blood più che ad un realismo visivo, ci troviamo di fronte un film che è realista nella sua concezione, poiché Deodato si assume coraggiosamente il compito di dare una propria versione dei fatti, su uno dei casi di omicidio che ha scosso il nostro paese (è chiarissimo chi sono i colpevoli per l’autore, nonostante i personaggi siano fittizi). Più che rappresentare la realtà, sceglie di rappresentare la sua realtà, la sua verità.
Ovviamente non è tutto oro quello che luccica, non stiamo parlando di un capolavoro, ma di un buonissimo film di genere (magari averne più spesso così in Italia!), oltre ad un umorismo in certe scene forzato (le “tarantinate”, così chiamate affettuosamente dal regista), il difetto che più si può imputare al film è di essere un po’ vecchio e datato nel descrivere i personaggi e certe situazioni, come il rapporto degli universitari con le droghe leggere (le reazioni eccessive degli universitari dopo che hanno fumato una canna). Inoltre la recitazione non è sempre impeccabile.
Da segnalare sicuramente le ottime musiche prodotte da un altro grande maestro, Claudio Simonetti e la presenza di un grandissimo attore come Ernesto Mathieux.

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Il film deve ancora trovare una distribuzione o nelle sale o per il mercato home video, considerando la moltitudine di filmacci che riescono ad essere distribuiti (tanto per fare un esempio l’inguardabile The Lazarus Effect), il film di Deodato merita sicuramente di uscire nei cinema italiani.