Prima di parlarvi dell’ormai concluso Penny Dreadful bisogna che faccia una premessa, senza la quale non si capirebbero molte questioni che girano intorno a questa ottima serie di Showtime (trasmessa interamente anche da Netflix). L’esigenza di affrontare temi preliminari alla recensione della serie nasce dal fatto che tale show ha un’origine, intesa artisticamente e non di produzione, ben più complessa di quella che può far immaginare il plot. Quando si parla di questo show agli amanti dei fumetti di tutto il mondo alla loro mente salterà sempre quel meraviglioso capolavoro che è la graphic novel La Lega degli Straordinari Gentlemen di Alan Moore. Proprio dal pluripremiato autore britannico parte la nostra necessaria premessa.
L’approccio semplicistico che hanno molte persone verso il mondo dei fumetti coinvolge anche i grandi produttori di Hollywood. Quando ciò genera pessimi film sui supereroi improntati solo sull’azione (e ciò non è del tutto sbagliato, dato che la “spensieratezza” è una parte importante di questo mondo) è perdonabile, lo è decisamente meno quando ad essere snaturate sono opere sì fumettistiche ma di spessore ben più ampio. Tale snaturamento è riscontrabile in qualsiasi pellicola tratta dalle opere di Moore e la lista di queste pellicole è abbastanza ampia. Tralasciando i film su Swamp Thing (decente la prima ad opera di Wes Craven) e quello su Constantine, che furono il frutto di un pessimo contratto tra la DC e Swampfilms, il primo film tratto da una graphic novel di Moore è From Hell (2001) di Allen e Albert Hughes con protagonista Johnny Depp. Pur essendo un buon film non si avvicina neppure lontanamente alla complessità e alla grandezza dell’opera di Moore e Campbell sul caso di Jack lo Squartatore, scritta grazie ad una ricerca storica di mole impressionante, le cui libertà artistiche vengono spiegate minuziosamente dall’autore britannico (leggere per credere). Questo schema è presente in tutte le pellicole successive tratte dai lavori di Moore: sono dei film decenti ma completamente lontani dalle versioni cartacee. Watchmen (2009) e V for Vendetta (2005) verranno completamente rifiutate dal creatore che le riterrà opere indegne del lavoro enorme da lui compiuto insieme ai disegnatori Dave Gibbons e David Lloyd. Effettivamente, chi ha letto le opere cartacee si rende subito conto di come venga tradito lo spirito dei lavori. In Watchmen si perde completamente l’obiettivo principale del romanzo grafico, ovvero quello di analizzare lo spirito del XX secolo attraverso gli occhi di uomini che volevano cambiare il mondo e non ci sono riusciti; mentre per quanto riguarda V for Vendetta, la pellicola non riesce a trasportare efficacemente la riflessione politica di Moore che potrebbe tranquillamente confrontarsi con Hobbes, Locke e compagnia bella. Neppure due righe meritano di essere spese per l’imbarazzante trasposizione del 2003 di Stephen Norrington della Lega degli straordinari Gentleman, ovvero La leggenda degli uomini straordinari, che purtroppo è stata l’ultima pellicola a cui ha partecipato quel galantuomo di sir Sean Connery (un addio non memorabile purtroppo).
Infine buone le performances di Helen McCrory (Narcissa Malfoy in Harry Potter), Patti LuPone (attrice di teatro e apprezzatissima in numerosi Musical) e Christian Camargo (Rudy Cooper di Dexter) che interpretano tre personaggi che compaiono solo nella seconda (la prima) e terza stagione (gli altri due). Per onor del vero, senza il rischio di creare spoiler, Patti LuPone interpreta anche un altro ruolo nella seconda stagione, ma non voglio dire di più.
Inoltre la serie  affronta, sfuggendo al troppo stretto contesto gotic/fantasy, tutti gli argomenti forti che l’epoca vittoriana offre. Si parla della tisi e delle milioni di vittime che ha mietuto, delle condizioni indigenti della maggioranza della popolazione, della invivibilità dei centri urbani, degli orrori che accadevano all’interno delle mura dei manicomi, della stucchevole società benpensante dell’epoca, della xenofobia. Soprattutto quest’ultima viene approfondita più volte da vari punti di vista, ad esempio John Clare/Frankenstein è proprio in questo contesto concettuale che recita la poesia I am a Vanessa Ives, anch’essa vittima del dolore che porta il rifiuto degli altri, in una suggestiva caverna/sotteraneo adibita a centro per i poveri. Per di più la questione xenofobia viene affrontata, come detto, dalla tematica della omosessualità . Va aggiunto, a quanto detto prima, che la transgender Angelique, interpretata dall’italiano Emiliano Coltorti, regala momenti intensi legati al tema. Si può dire che comunque la banalità su tutti questi argomenti è evitata come la peste.
Infine, più che la fotografia, che è ottima, soprattutto nella scena del ballo e principalmente nelle scene in casa Gray, ma soffre i necessari usi del computer per ricostruire la Londra vittoriana, è la colonna sonora a donare ancor di più bellezza alla serie. Abel Korzeniowski (Animali Notturni) con le sue musiche ispirate al tempo storico di riferimento e alle atmosfere gotiche e oscure confeziona una veste perfetta alla serie, vincendo meritatamente il premio BAFTA per la miglior colonna sonora. Le musiche hanno avuto talmente successo che sono stati prodotti tre compilation che raccolgono la soundtrack di tutte e tre le stagioni con ben settantotto tracce.