La Scimmia incontra Danny Boyle: la conferenza su Trainspotting 2

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“I chose not to choose life: I chose something else. And the reasons? There are no reasons.”

“Io ho scelto di non scegliere la vita, ho scelto qualcos’altro. Le ragioni? Non ci sono ragioni.”

E’ questa la frase emblema del leggendario monologo del film culto degli anni 90 ed è proprio da questa che il direttore Danny Boyle, durante il suo intervento tenutosi a Roma il 31 gennaio, si sofferma per spiegare le ragioni delle scelte stilistiche prese per il tanto atteso sequel Trainspotting 2, che il 23 febbraio esordirà nelle sale italiane.

Più che una trasposizione è la riebolazione dell’omonimo romanzo “Porno” dello scrittore scozzese Irvine Welsh che riprende la vita dei quattro ormai famosissimi protagonisti Mark Renton, Begbie, Sick boy e Spud esattamente 9 anni dopo la fuga di Rent dalla Scozia, mentre l’adattamento cinematografico si spinge ben 20 anni dopo. Perchè?

“Perchè 10 anni dopo l’uscita di Trainspotting non avevamo nulla da dire” – ci spiega Boyle – “Avremmo corso il rischio di emulare il primo mentre l’obiettivo principale era quello di mostrare una presa di coscienza da parte dei personaggi sul tempo che passa: è un film più maturo, basato su una storia più vicina a noi, più autentica e quindi distante dalla follia dei personaggi e delle situazioni del primo.”

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Ci spiega, inoltre, che “T2” non è assolutamente un film politico “Alla Ken Loach” – dice lui – e che non è tanto un mostrare come la società contemporanea influisca o coincida con la vita dei personaggi quanto la delusione per ciò che non è stato: la rivalsa della famosa affermazione “Scegli la vita” (“Choose life“) che ti presenta il conto prima o poi. La disillusione dei sogni infranti ed i rimorsi fanno ormai parte della vita di Rent, Begbie, Spud e Sick boy, come della nostra.

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Il disagio esistenziale dei protagonisti è più intenso e va di pari passo con l’espressione della speranza che difatti gira intorno maggiormente ai personaggi più sfortunati, come Spud, da sempre il più “malmesso”, che riuscirà a trovare una via di uscita.

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Danny Boyle interviene anche su un tema che sembra esser una costante nei due Trainspotting: il tradimento. Così come il gesto sleale di Rent che ricordiamo tutti, anche in T2 avremo a che fare con una situazione abbastanza simile:

“Il tradimento fa parte della nostra vita. Non è una cosa nobile ma sono cose che succedono e dobbiamo prenderne atto. Il discorso sulla verosimiglianza di T2 con le nostre vite vale anche in questo caso.”

 

Anche la musica, come i personaggi, quella di un tempo, ma remixata.

Per rendere omaggio alla bellissima soundtrack e soprattutto per accontentare i fan che si sono prestati al sondaggio della Sony riguardo a ciò che avrebbero voluto vedere – e sentire – nell’atteso sequel di Trainspotting (ovvero: il cast originale, una colonna sonora all’altezza del primo e magari un ritorno di Kelly McDonald Diane) si è quindi provveduto a proporre il vecchio repertorio in chiave contemporanea, anche se ci confessa che forse sarebbe stato meglio non esagerare così tanto nel riproporlo.

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Come nel collage sonoro, anche per quanto riguarda il montaggio era importante utilizzare il fattore “ricordo“: vi sono infatti Flashback (scene del primo film riproposte in T2) della durata complessiva di 1 Minuto.

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Ritornando alla questione sulla rielaborazione dell’opera di Welsh ed alla sua ferma volontà di staccarsi dal romanzo per renderlo più personale e genuino, alla domanda di un’ipotetica collaborazione con lo stesso scrittore come sceneggiatore, Boyle dichiara che il lavoro svolto con John Hodge è stato più che soddisfacente.

Si lascia sfuggire, inoltre, un aneddoto esilarante riguardo la festa d’inaugurazione di T2: in molti film, per quanto riguarda ruoli di bambini piccoli – neonati in questo caso, è usuale scegliere una coppia di gemelli per aver maggiori risultati di resa. Le gemelle in questione (che interpretarono entrambe Dawn, la figlia di Sick boy) si presentarono a tutti gli invitati in un modo alquanto eccentrico: “Ciao, io sono la bambina morta!“. Un atteggiamento molto alla Trainspotting, a detta di Danny Boyle.