“Star Wars”, ovvero la sicurezza delle saghe cinematografiche

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Un dato autobiografico, per cominciare. Avrò avuto otto o nove anni, per tre domeniche di fila, dei tardi pomeriggi di novembre perché fuori faceva giá buio. Sul divano grosso del salotto che avevamo in appartamento. Fuori era freddo e dalle finestre proveniva un rumore di traffico e motorini. In casa, a luci religiosamente spente, accoccolato nel plaid con i miei genitori, eravamo lontani nello spazio e nel tempo, in una galassia lontana lontana. La trilogia “originale” di Star Wars (per tanti “l’unica”) veniva trasmessa in televisione senza stacchi pubblicitari. Quelli rinominati poi Episodio IV, Episodio V, Episodio VI. Ai tempi non avevo capito, men che mai quando uscì un quarto film, denominato Episodio I. Perché? Ma poi, quando il II e III sono arrivati, avevo avuto modo di capire il gioco.

Furono i film della vituperata “trilogia prequel” che mi fecero esplodere la febbre di Star Wars dei quali, i film visti in quelle tre domeniche, trasmisero i primi sintomi. Allora ero ancora incosciente dei processi produttivi di sequel e prequel e l’idea che ci fossero due o piú film con gli stessi personaggi in avventure diverse (o in una stessa, lunga storia), mi sembrava un sogno. Cosí come lo sono stati, per me, tante saghe, da Ritorno al futuro, a Il Signore degli Anelli, fino a Harry Potter.1481032923472_star_wars_limpero_colpisce_ancora_videostill_1

Una febbre, una passione che TV8 ha voluto condividere, con profani e semplici curiosi,trasmettendo l’intera saga cinematografica (in ordine produttivo, anziché cronologico) in sei lunedì sera, da novembre fino alla scorsa settimana, lunedì 9 gennaio, con Star Wars: Episodio III – La vendetta dei Sith.

Episodio III, è senza dubbio, il migliore degli episodi prequel della saga classica. In esso Lucas lavora su un binario duplice: snellisce la trama di varie sottotrame (la questione della Guerra dei Cloni viene ridotta a poche sequenze), eliminando numerosi personaggi secondari, per concentrarsi sulla ascesa, quella vera, di Anakin Skywalker come Lord Vader.Si riesce a rendere completo un viaggio dell’eroe al contrario, anche se dominato dalle piú nobili intenzioni: salvare Padme dalla morte che la nascita del figlio (che noi sappiamo essere due) determinerá. Si tratta quasi della metafora che il male, il piú delle volte, è scatenato da giuste cause e buone intenzioni. Tutto il film è un passaggio da una situazione di ordine apparente al disordine che arriverá, nella trilogia classica, fino alle periferie della galassia. Giá l’antefatto che scorre, mostra la chiave di lettura della saga:«ci sono eroi da entrambe le parti»

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Una chiusura del cerchio della saga da parte del suo autore, dopo trent’anni, che Disney rimette in discussione, amplia ulteriormente, e crea appiglio a ulteriori riflessioni. Così facendo, coi nuovi episodi, c’é il merito di aver azzerato l’ampia editoria di romanzi e fumetti che hanno puntato a raccontare le storie fra un episodio è l’altro e dopo la conclusione de Il ritorno dello Jedi. C’è inoltre l’intenzione di non saltare piú quello che accade fra un episodio e l’altro, ma di creare un it et nunc che abbracci l’intero arco narrativo, come ha avuto modo di dichiarare di recente il regista e sceneggiatore di Episodio VIII, Rian Johnson.

È l’estensibilitá dell’universo di Lucas, una delle ragioni che ne hanno determinato il successo da quarant’anni. Un discorso simile puó valere anche per altre serie cinematografiche, il cui unico limite sta nella fantasia dei loro autori. Esempio lampante è la trilogia de Lo Hobbit (che sostituirà Star Wars nel palinsesto di TV8 a partire da questo lunedí 16 gennaio), oppure la nuova saga tratta dall’esile volumetto di J.K.Rowling, Animali fantastici e dove trovarli, che prevede un ciclo di oltre cinque film; oppure il Marvel Cinematic Universe e il DC Extended Universe, con trentasei film in produzione fino al 2020 (per quanto riguarda la Marvel, Stan Lee ha giá girato tutti i cammei dei film previsti, con giá la precisa idea dove dovranno essere collocati in fase di montaggio).

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Delle domande sorgono spontanee. C’é davvero la necessitá di questa serializzazione? Oppure si tratta, semplicemente di una garanzia da parte dei produttori di guadagno sicuro e, dall’altra parte, di un modo per fidelizzare e rassicurare gli spettatori per renderli tranquilli all’interno di una produzione che sostanzialmente te è morta livello di idee e di creatività? Infatti in passato i sequel non erano pianificati seguendo questo criterio, bensì si valutava l’idea dello stesso in base al successo commerciale o meno del film precedente.

Difatti in questo modo che ha avuto origine la trilogia originale di Star Wars: è dal successo di Guerre Stellari che ha determinato la realizzazione de L’Impero colpisce ancora e Il ritorno dello Jedi. E la trilogia prequel era un’intenzione di George Lucas per poter concludere sostanzialmente un discorso che non era riuscito a esprimere in quei primi tre film. Quindi anche Episodio VII, l’ancora in sala Rogue One, e successivi episodi classici e spin-off  fino al 2020 fanno parte di questo nuova concezione produttiva degli ultimi anni?

Probabilmente sì, ed è rattristante. Ma non è di certo questo che impedirà ai fan vecchi e nuovi di sedersi sulla poltrona e potersi rituffare nel ricordo infantile (ma non troppo) in quella galassia lontana lontana.