Royal: “Ti posso dire una cosa Henry?” Henry: “Dimmi” Royal: “Sono sempre stato considerato uno stronzo fin da quando mi ricordo, beh questo è il mio stile. Ma mi sentirei veramente giu’ se non credessi che tu abbia intenzione di perdornarmi” Harry:”Io non credo tu sia uno stronzo Royal, sei semplicemente un gran figlio di puttana”. Royal: “Va bene, ti sono molto grato”
Basterebbe questa breve conversazione tra Henry Sherman e Royal Tenenbaum alla fine del film che ha consacrato universalmente il genio di Wes Anderson per descrivere il brithday boy di oggi, Gene Hackman. Nato a San Bernardino (California) 87 anni fa, Hackman ha attraversato 5 decadi di cinema con 100 ruoli accreditati, ogniuno a rappresentare una diversa declinazione del son of a bitch. Poliziotto rude, sceriffo violento, ufficiale poco gentiluomo, avvocato manipolatore, cattivo padre, produttore di Hollywood imbolsito, burbero allenatore, la gamma è vastissima. Attore simbolo di un’epoca in cui i film guardavano avanti senza linee temporali intricate e il character building era un esercizio dinamico che non usava ancora ossessivamente il flashback, ad Hackman “piaceva andare dritto al sodo del personaggio e lo interpretava con straordinaria economia. La quintessenza dell’attore cinematografico”, come disse Alan Parker dopo averlo diretto in Mississippi Burning (1988). Economia che si traduceva sullo schermo in un’espressione dura, impenetrabile, la classica faccia di pietra capace però di rompersi all’imporvviso, talvolta in un ghigno sadico, talvolta in sorrisi paterni, senza mai debordare nell’overacting. Qui ricordiamo il vecchio Gene in 5 ruoli iconici (ma prima una doverosa menzione al geniale cameo in Frankenstein Jr. nel saio del bastardissimo prete cieco).