Recensione di The OA – Senza Spoiler

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Ante scriptum: La recensione sarà priva di spoiler è vero, però la serie funziona molto bene per il suo alone di mistero, se volete evitare qualsiasi anticipazione andate a recuperarla (almeno i primi episodi) e tornate a godervi questa recensione. Ultima cosa: il voto è relativo, quindi leggete il pezzo e prendete la valutazione semplicemente come un numero indicativo. Grazie.

Sono anni oramai che scrivo presso vari portali, scritti e digitali, eppure nonostante io abbia pubblicato solo un articolo presso questo luogo virtuale in cui tutti condividiamo la passione per il cinema, ho avuto una sensazione che non avevo mai provato. Sotto il mio pezzo su Stranger Things infatti, pur essendo fuori tempo massimo, ho ricevuto moltissimi feedback da parte di tutti voi, e per questo vi ringrazio. Oltre a ringraziarvi voglio premiarvi, perchè uno dei commenti più frequenti riguardava questo The OA, serie che avevo da tempo nella mia lista delle serie da recuperare. Così, dopo averla vista,  rispondo a chi mi consigliava i primi otto episodi di questa serie, appena nata.

Una ragazza in preda al panico tenta il suicidio lanciandosi da un ponte, ma fallisce. Fortunatamente il contatto è stato assorbito dai piedi che per primi hanno subito l’urto con l’acqua. Lei è visibilmente sotto shock, e quando i genitori vengono a trovarla scopriamo che lei non ha mai potuto vederli prima e che è scomparsa da sette anni. A causa del trauma, plausibilmente, stenta a raccontare l’accaduto o semplicemente ad aprirsi a persone di cui si fida. L’unica cosa che cerca di fare è trovare Homer, e per compiere questa missione avrà bisogno di cinque persone disposte ad ascoltare la sua storia.

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Della trama di The OA (come preannunciato) non vi dirò altro. La serie basa molto del suo successo di pubblico nel modo in cui riesce, attraverso un alone di mistero che rende grigie le sfumature tra paranormale, realtà e informazioni che rimangono celate, perciò eviterò di discutere in particolare dell’evoluzione della storia e dei personaggi. The OA vive molto di questa sua capacità di rimanere ambigua su molti fronti e, proprio per questo, dopo l’ultimo episodio sarà molto complicato riuscire a creare una seconda stagione altrettanto coinvolgente. Essendo basata principalmente su un throwback mentale della protagonista che racconta la sua vita, tutti i primi sette episodi (su otto totali) risultano essere un lungo pilot che introduce la storia.

Eppure, dopo che tutto viene bene o male chiarito, e a causa di un colpo di scena finale non molto entusiasmante sinceramente, ho dei seri dubbi su quello che sarà il futuro di questa produzione Netflix e temo si riveli un fuoco di paglia. Dopo aver parlato del grande scheletro nell’armadio che lascia questa prima stagione però, voglio specificare che ciò che ho visto è realmente interessante. La storia infatti riesce a convincere grazie a splendide interpretazioni da parte di tutto il cast, dei personaggi veramente ben caratterizzati, dei sottotesti sociali, scientifici e metafisici molto interessanti. Il lato migliore della storia è proprio quello che si concentra sullo sviluppo dei personaggi, principali e secondari, in quanto la trama perdendo parte della sua atmosfera “mistica” man mano che avanza rischierebbe di annoiare. Eppure, ci sono dei personaggi talmente interessanti da riuscir a tenere coesa un filo che senza questa ben fatta caratterizzazione avrebbe potuto perder molto. Ritornando sull’atmosfera “mistica” di cui ho parlato prima c’è un discorso molto interessante da fare. The OA riesce a mescolare elementi fantastici, scientifici, metafisici e religiosi, creando davvero una bella atmosfera che però quando viene eviscerata la storia e spiegata dalla stessa protagonista negli ultimi episodi inizia a perdere di interesse. Ciò che riesce però a non far affondare la serie è la ottima realizzazione tecnica (di cui parlerò a breve) e degli ottimi personaggi.

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Tecnicamente The OA è ben costruito. Registicamente si sente il tocco non americano di Zal Batmanglij (regista di origine iraniane) in alcune scelte stilistiche e per come procede in maniera molto posata e delicata. Inoltre il lavoro di Zal è davvero valido sia nelle scene di interni che nelle fantastiche scene di esterno. Proprio questo dualismo viene rivelato anche nella fotografia, che sembra esser per buona parte fatta di luci naturali, che passa da colori caldi ed uno stile “romantico” ad invece una desaturazione che rende tutto molto meno idilliaco ma non fa perder l’aura di candore che permea la fotografia della serie. Le interpretazioni, pur non essendoci attori di particolare spicco, riescono a ben caratterizzare i personaggi.

La prima stagione di The OA convince e sorprende, pur avendo molti punti interrogativi quindi, aspettiamo curiosi di sapere come si evolverà questa nuova produzione Netflix.

Per chi non l’avesse ancora vista potrà vederla integralmente su Netflix.

Grazie a tutte le Scimmie Cinefile che mi hanno consigliato la visione di questa serie, questo articolo è tutto per voi. Vi si vuole bene.