Locke – Recensione

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Dopo un esordio non proprio memorabile, Knight torna nei cinema con la sua seconda fatica: Locke.
Siamo di fronte a un’opera estremamente singolare, claustrofobica, circoscritta. Locke è un film che nel suo “piccolo” definirei perfetto.

Ma andiamo con ordine; Ivan Locke è un padre di famiglia e lavora come capo-cantiere in una ditta di costruzioni. La sua ordinarietà viene perturbata dall’imminente nascita di un suo figlio, avuto con un’altra donna. Locke, essendo stato abbandonato dal padre, decide di assistere la donna nel concepimento di suo figlio. Questi sono i fattori che delineano la trama del film, ma allora cosa lo rende veramente “perfetto”?

Il film inizia e finisce con il viaggio verso l’ospedale di Londra da parte di Locke. I dialoghi che avremo saranno diversi, tutti telefonicamente, e sempre con le solite 4/5  persone.
Attorno ad esse si svilupperanno le varie sottotrame: il rapporto in bilico che ha con la moglie, dopo averla informata della nascita di un suo imminente figlio; il dialogo con un suo collega che dovrà gestire il cantiere e prepararlo per un’ingente colata di calcestruzzo che terrà luogo l’indomani; il suo capo, adirato per il fatto che abbia lasciato il luogo di lavoro senza preavviso; i due figli impegnati con la partita di football in TV e infine la compagna in ospedale.

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Senza entrare nello specifico, voglio sottolineare come tutti i dialoghi e i rapporti che ha il protagonista con i vari personaggi siano verosimili , studiati nel dettaglio sotto ogni aspetto.
E non solo i personaggi secondari, ma in primis il protagonista, Ivan Locke, impersonato da un sensazionale Tom Hardy, che ci regala una delle sue migliori interpretazioni. Reale, tangibile, autentico. Nel corso del film assisteremo ad un paio di soliloqui, quasi deliranti, dove si “rivolge” al padre defunto. Locke non vuole cadere nel recidivo vizio di famiglia, non abbandonerà suo figlio come successo con lui

Passando al lato prettamente tecnico del film: Knight ha fatto in modo che il film fosse il meno statico possibile, cambiando sempre inquadratura (Tutte piuttosto strette, quasi sempre all’ interno dell’ abitacolo del veicolo), e un senso di movimento accentuato dalla grande fotografia.

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Il film non si rende mai stancante, si fa seguire con estremo piacere, dovuto anche grazie a una colonna sonora di tutto rispetto. 

         Se state cercando qualcosa di semplice ma originale, autentico e che lasci il segno non fatevelo mancare.

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